
L’art. 612, comma 1, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015), prevede espressamente “i sindaci e gli altri organi di vertice delle amministrazioni di cui al comma 611, in relazione ai rispettivi ambiti di competenza, definiscono e approvano, entro il 31 marzo 2015, un piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, le modalità e
i tempi di attuazione, nonchè l'esposizione in dettaglio dei risparmi da conseguire. Tale piano, corredato di un'apposita relazione tecnica, è trasmesso alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e pubblicato nel sito internet istituzionale
dell'amministrazione interessata. Entro il 31 marzo 2016, gli organi di cui al primo periodo predispongono una relazione sui risultati conseguiti, che è trasmessa alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e pubblicata nel sito internet istituzionale dell'amministrazione interessata. La pubblicazione del piano e della relazione costituisce obbligo di pubblicità ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”.
Quanto previsto all’art. 612 va eseguito tenendo conto di quanto previsto dal precedente articolo 611 ovvero l’avvio di “un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015, anche tenendo conto dei seguenti criteri: a) eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione; b) soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; c) eliminazione delle partecipazioni detenute in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle funzioni; d) aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica; e) contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonchè attraverso la riduzione delle relative remunerazioni”.
Con la deliberazione n. 25/2016/VSG del 23 marzo 2016, la Sezione di controllo del Piemonte ha evidenziato, con riferimento ai piani di razionalizzazione delle società partecipate, che:
-) il documento non può limitarsi a descrivere genericamente le future azioni da intraprendere o il modo con cui si intenderà analizzare le partecipazioni societarie;
-) l’ente pubblico deve svolgere l'analisi puntando a ridurre le partecipazioni e contenere i costi di funzionamento dei soggetti societari, entro tempi certi e con risparmi effettivi da conseguire”.
La Corte dei conti, sezione di controllo per la Puglia, con la delibera n. 27/2016/PRSP dell'11 febbraio 2016, dopo aver ricordato che “l’articolo 148 bis del D.Lgs. 267/2000, introdotto dal D.L. n.174/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, ha previsto che “le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali ai sensi dell'articolo 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilità dell'indebitamento, dell'assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti”. Ai fini della verifica in questione la magistratura contabile deve accertare che "...i rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in società controllate e alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici per la collettività locale e di servizi strumentali all'ente...", ha statuito che “Osserva il Collegio che la scelta di assumere o mantenere partecipazioni presuppone una prodromica valutazione di efficacia ed economicità, quali corollari del principio di buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’articolo 97 della Costituzione, oggi rafforzato, nella prospettiva della sana gestione finanziaria, dall’introduzione dell’obbligo dell’equilibrio di bilancio per tutte le amministrazioni pubbliche (cfr. gli artt. 81, 97 e 119 della Costituzione come novellati dalla legge costituzionale n. 1/2012): l’andamento della società non deve essere strutturalmente in perdita, attesa l’incompatibilità tra il ricorso allo strumento societario e risultati economici sistematicamente negativi. Tale principio è ha ispirato l’introduzione dei divieti di finanziamento, da parte dell’art. 6, comma 19, del d.l. n. 78/2010, convertito con legge n. 122/2010 che, precludendo il sovvenzionamento di società in perdita strutturale, impongono, a monte, una valutazione di convenienza economica al mantenimento della partecipazione (ex multis: Sez. Reg. di controllo per la Puglia, Deliberazione n. 59/PRSP/2015- Sez. Regionale di controllo Piemonte, Deliberazione n. 159/PRSE/2014).
La disposizione si propone, perciò, di porre un freno alla prassi, ormai consolidata, seguita in particolare dagli enti locali di procedere a ricapitalizzazioni e ad altri trasferimenti straordinari per coprire le perdite strutturali (tali da minacciare la continuità aziendale); tale prassi finisce, da un lato, per impattare negativamente sui bilanci pubblici, compromettendone la sana gestione finanziaria e, dall’altro, si contrappone alle disposizioni comunitarie, le quali vietano che soggetti che operano nel mercato comune beneficino di diritti speciali o esclusivi, o comunque di privilegi in grado di alterare la concorrenza “nel mercato”, in un’ottica macroeconomica.
In sostanza, la norma “de qua” ha imposto “...l’abbandono della logica del salvataggio a tutti i costi di società pubbliche partecipate da enti pubblici che versano in situazioni d’irrimediabile dissesto, ovvero l’ammissibilità di provvedimenti tampone con dispendio di disponibilità finanziarie a fondo perduto”..., positivizzando per legge “...pratiche economiche che già avrebbero dovuto orientare la discrezionalità amministrativa e avrebbero dovuto costituire la base di ogni scelta volta alla sana gestione finanziaria degli organismi pubblici, a fronte dell’uso di risorse della collettività...” (cfr. Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 753/2010 e Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n.29/2012)”.
“A tal proposito si ritiene utile richiamare quanto statuito in argomento dalla Sezione Regionale di controllo per la Lombardia con la Deliberazione n. 96/PAR/2014: “...secondo la Corte di Cassazione, nell'ipotesi di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, prevista dall'art. 2448 n. 4 cod. civ., <<<lo scioglimento della società si produce automaticamente ed immediatamente, salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita dalla reintegrazione del capitale o dalla trasformazione della società ai sensi dell'art. 2447 cod. civ., in quanto, con il verificarsi dell'anzidetta condizione risolutiva, viene meno ex tunc lo scioglimento della società; ne deriva che la mancata adozione da parte dell'assemblea dei provvedimenti di azzeramento e ripristino del capitale sociale o di trasformazione della società in altro tipo, compatibile con la situazione determinatasi, non esonera gli amministratori dalla responsabilità conseguente al proseguimento dell'attività d'impresa in violazione del divieto di nuove operazioni>> (Cass. 22 aprile 2009, n. 9619) (...) questa Sezione ritiene dover affermare che in sede di esercizio del potere discrezionale l’amministrazione locale che non intende prendere atto dello scioglimento della società ai sensi dell’art. 2484 n. 4 c.c. -ma, al contrario, decide di sobbarcarsi un ulteriore onere finanziario per ricapitalizzare la società- deve ampiamente motivare detta scelta sia in chiave positiva sia in chiave negativa.
Sotto il primo profilo, l’amministrazione locale deve dare conto di aver valutato attentamente i costi di gestione mediante un piano industriale o un business plan (...) Sotto il secondo profilo, inoltre, l’amministrazione locale deve dare conto delle ragioni per le quali ritiene più efficiente ed economico ricapitalizzare la società piuttosto che prendere atto del suo scioglimento a causa di una gestione che ha generato perdite oltre un terzo che hanno ridotto il capitale al di sotto del limite di legge. Il rispetto del principio di “legalità finanziaria”, <<presuppone in capo all’ente locale una prodromica valutazione in termini di efficacia ed economicità, quali corollari del buon andamento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost.>>...”. (cfr. Corte dei conti, Sez. Reg. per la Lombardia, Deliberazione n. 96/PAR/2014)”.