
“Individuare una gestione in house è facile, ove essa avvenga per mezzo di organi e uffici che anche formalmente fanno parte dell’amministrazione considerata, sul modello delle antiche aziende municipalizzate. Tale fattispecie però è piuttosto rara, perché di norma la gestione in house avviene con una modalità diversa, ovvero affidandola ad una società di capitali, costituita nelle forme del diritto privato. In tal caso, come è parimenti del tutto noto, si può parlare effettivamente di gestione in house quando la distinzione fra i due
soggetti, amministrazione e società operativa, sia solo formale, perché questa sostanzialmente è una semplice articolazione organizzativa di quella. Solo in questo caso l’affidamento del servizio dall’amministrazione alla società può avvenire in via diretta, ovvero senza pubblica gara.
È ancora del tutto notorio che i requisiti perché ciò si possa verificare sono stati individuati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione, a partire dalla nota sentenza sez. V 18 novembre 1999 C-107/98 Teckal, che per quanto qui interessa ammette l’affidamento diretto in house ove l’amministrazione affidante eserciti sull’affidataria un “controllo analogo” a quello che essa esercita sui servizi propri. Tale nozione è stata ulteriormente precisata, anche dalla giurisprudenza nazionale, con riguardo al caso che interessa, che è anche uno dei più frequenti, della cd. società multi servizio, ovvero di una società affidataria in house per conto di più soggetti pubblici, nella specie di più Comuni.
Gli esiti ultimi di tale elaborazione sono i seguenti, e sono quelli espressi dalla Corte di giustizia nelle sentenze 19 aprile 2007 C-295/05 Asociacion Nacional de Empresas Forestales, 17 luglio 2008 C -371/05 Commissione vs. Repubblica Italiana, 13 novembre 2008, C-324/07, Coditel Brabant SA e 10 settembre 2009, C-573/07, nonché in decisioni nazionali, a partire da TAR Friuli Venezia Giulia 15 luglio 2005 n°634 fino alla recente TAR Liguria sez. II 8 febbraio 2016 n°120.
In sintesi, la società in house è sicuramente tale quando possa avere soltanto soci pubblici; deve poi annoverare fra i propri soci le amministrazioni a favore delle quali opera e queste ultime devono poter nominare gli organi amministrativi e controllarne l’operato con poteri non riducibili a quelli di un comune azionista, e di intensità maggiore; si è in proposito osservato che non occorre un potere di controllo esclusivo in capo ad ogni socio, ma basta un sistema di equilibrio, tale cioè che nessuno dei soci, anche se di maggioranza, possa agire come padrone assoluto delle decisioni sociali. In altre parole, il controllo analogo deve sussistere a favore dei soci nel loro insieme.
Applicando tali principi al caso di specie si deve concludere che il controllo analogo sulla CBBO da parte dei soci affidanti in house sussiste, e che quindi è legittimo l’affidamento diretto ad essa dei relativi servizi. Nell’ordine, lo statuto prevede all’art. 17 comma 2 la riserva ai soci affidatari di servizio della nomina del presidente e del vicepresidente; istituisce agli artt. 27-29 due organi consultivi in cui sono rappresentati tutti i soci affidanti per l’indirizzo ed il controllo sui servizi e all’art. 15 comma 4 impone per eventuali modifiche di tali clausole addirittura il voto unanime (doc. 1 CBBO, copia statuto). In proposito, la Aprica ha obiettato (ricorso, p. 19) che ciò non basterebbe, appunto perché si tratterebbe di soli organi consultivi, ma il rilievo è inesatto, per quanto segue.
La vera funzione di tali organi è infatti quella di consentire a ciascun socio una puntuale, e altrimenti non prevista, informazione sull’andamento giorno per giorno della gestione sociale, informazione che serve all’esercizio di un altro strumento di controllo, il patto di sindacato (doc. 2 CBBO, copia di esso) con il quale i soci si impegnano a indirizzare l’operato degli organi sociali nel senso necessario ad una miglior gestione, eventualmente potendo in ogni istante revocare e sostituire amministratori non consoni.
In tale contesto risulta allora irrilevante, lo si evidenzia solo per completezza, che la CBBO (ricorso, p. 25) possa concludere per parte della sua attività contratti di appalto o subappalto, perché – si veda la citata sentenza Teckal- è sufficiente che la società in house svolga “la parte più importante” della propria attività con il soggetto o i soggetti pubblici che la controllano, e ciò è incontestato”.
TAR Lombardia, Brescia sez. II, 9/5/2016 n. 639