Informazione giuridica

Un condannato per violenza sessuale ricorreva in Cassazione contestando “la natura sessuale del "succhiotto" che, aggiungeva, aveva praticato sul collo della donna senza alcuna intenzione diversa che non fosse quella di apporre un "marchio" visibile a chiunque fosse interessato ad una relazione con lei”.

La Suprema Corte evidenzia come “Il reato di cui all'art. 609-bis c.p., presidia il diritto dell'individuo di compiere atti sessuali in assoluta autonomia e libertà, contro ogni possibile condizionamento, fisico o morale, e contro ogni non consentita e non voluta intrusione nella propria sfera intima, anche se attuata con l'inganno. La libertà sessuale, quale espressione della personalità dell'individuo, trova la sua più alta forma di tutela nella proclamazione della inviolabilità assoluta dei

diritti dell'uomo, riconosciuti e garantiti dalla Repubblica in ogni formazione sociale (art. 2 Cost.), e nella promozione del pieno sviluppo della persona che la Repubblica assume come compito primario (art. 3 Cost., comma 2).

 

4.5. La libertà di disporre del proprio corpo a fini sessuali è dunque assoluta e incondizionata e certamente non incontra limiti nelle diverse intenzioni che l'altra persona possa essersi prefissa. L'assolutezza del diritto tutelato non tollera, nella chiara volontà del legislatore, possibili attenuazioni che possano derivare dalla ricerca di un fine ulteriore e diverso dalla semplice consapevolezza di compiere un atto sessuale, fine estraneo alla fattispecie e non richiesto dall'art. 609-bis c.p., per qualificare la penale rilevanza della condotta.

4.6. Coerentemente alla natura del bene tutelato e alla centralità della persona offesa, unica titolare del diritto, nessun dolo specifico (al fine di), nè alcun movente esclusivo (al solo scopo di) hanno il compito selettivo di tipizzare l'offesa. Qualsiasi valorizzazione di questi atteggiamenti interiori sposterebbe il disvalore della condotta incriminata dalla persona che subisce la limitazione della libertà sessuale a chi la viola.

4.7. L'atto, perciò, deve poter essere definito "sessuale" sul piano obiettivo, senza attingere alle intenzioni dell'agente. Se, perciò, il fine di concupiscenza non concorre a qualificare l'atto come sessuale, il fine ludico o di umiliazione della vittima non lo esclude (Sez. 3, n. 25112 del 13/02/2007, Rv. 236964; Sez. 3, n. 35625 del 11/07/2007, Polifrone, Rv. 237294).

4.8. E' necessario e sufficiente che l'imputato sia consapevole della natura "sessuale" dell'atto posto in essere con la propria condotta cosciente e volontaria; tale natura preesiste alla volontà dell'agente, non è da questi creata, nè conformata. Essa appartiene all'elaborazione scientifica ma è anche espressione della cultura di una determinata comunità in un determinato momento storico e può variare da regione a regione, da Paese a Paese, secondo i costumi e le usanze locali; il medesimo gesto può non avere ovunque la stessa valenza sessuale, presso alcuni popoli potrebbe non averne affatto (cfr. Sez. 3, n. 25112 del 2007, cit., in ordine al bacio russo).

4.9. Il sesso evoca l'eros, ne è per certi versi sinonimo. Si può dunque sostenere che la natura sessuale dell'atto deriva dalla sua attitudine ad essere oggettivamente valutato, secondo canoni scientifici e culturali, come erotico, idoneo cioè a incarnare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dal fatto che proprio questo sia lo scopo dell'agente. Tale valutazione oggettiva costituisce il necessario presupposto del diritto alla libertà sessuale dell'individuo, ne definisce anche contenuto e ampiezza, conformandone, ad un tempo, l'oggetto mediante l'incessante osmosi con la scienza ed i mutevoli costumi sociali.

4.10. Secondo la scienza non solo medica, ma anche psicologica, antropologica e sociologica e in base al comune sentire, i genitali, i glutei ed il seno oggettivamente esprimono, più di ogni altra parte del corpo ed in modo più naturale, diretto ed esplicito, la sessualità. Il loro volontario toccamento esprime, con rara immediatezza, la natura "sessuale" del gesto, sicchè, indipendentemente dalle intenzioni del suo autore (del tutto irrilevanti ai fini della sussistenza del reato), quando ciò avvenga senza il consenso di chi lo subisce o con l'inganno, viola il diritto dell'individuo di scegliere liberamente se (e con chi) condividere questa parte di sè ed integra il delitto di cui all'art. 609-bis c.p..

4.11. Anche altre condotte hanno valenza sessuale con la stessa dirompente evidenza: la masturbazione, il petting, i rapporti orali, vaginali, anali, esprimono di per sè la propria natura sessuale e con essa il diritto di porli in essere e/o di condividerli con chi si vuole ed in assenza di condizionamenti di sorta.

4.12. In alcuni casi, invece, la valutazione circa la natura "sessuale" dell'atto può essere esclusa dalla consuetudine, dal particolare contesto in cui si inserisce la condotta e/o dalla natura dei rapporti che intercorrono con il suo autore o dalla natura della prestazione (si pensi ai casi di assistenza alle persone non autosufficienti, agli atti medici, ai gesti d'affetto genitoriale, ai baci sulle guance dati in segno di affetto o di saluto); si tratta di situazioni che vanno valutate caso per caso e con estremo rigore al fine di escludere ogni ragionevole dubbio sul punto (Sez. 3, n. 10248 del 12/02/2014, Rv. 258588; Sez. 3, n. 37935 del 02/07/2004, Annunziata, Rv. 230041; si veda pure, Sez, 3, n. 41096, del 18/10/2011, Rv. 251316).

4.13. Va perciò esclusa l'interpretazione secondo la quale la nozione di "atto sessuale" deve essere circoscritta ai soli toccamenti delle zone (immediatamente) erogene del corpo, con esclusione di tutte le altre, ma vanno escluse anche improprie dilatazioni dell'ambito di operatività della fattispecie penale contrarie alle condizioni di sviluppo sociale e culturale nel quale l'atto si colloca (Sez. 3, n. 964 del 26/11/2014, n.m.).

4.14.La natura "sessuale" dell'atto (che preesiste - come detto - alle intenzioni dell'agente ma anche alla sensibilità della vittima) deve essere valutata secondo il significato "sociale" della condotta, avuto riguardo all'oggetto dei toccamenti, ma anche - quando ciò non sia sufficiente - al contesto in cui l'azione si svolge, ai rapporti intercorrenti tra le persone coinvolte e ad ogni altro elemento eventualmente sintomatico di una indebita compromissione della libera determinazione della sessualità del soggetto passivo che sia oggettivamente e socialmente percepibile come tale.

4.15.Come ricordato anche dal Giudice delle leggi, "la condotta del (...) delitto di violenza sessuale consiste nel costringere taluno a compiere o subire, con violenza, minaccia o abuso di autorità, atti sessuali i quali abbracciano ora una gamma assai vasta di comportamenti, caratterizzati dall'idoneità a incidere comunque sulle facoltà della persona offesa di autodeterminarsi liberamente nella propria sfera sessuale. A fronte di una nozione di atto sessuale che continua ad avere come punti di riferimento da un lato la congiunzione carnale e dall'altro gli atti di libidine, ma intende distaccarsi dalla fisicità e materialità della distinzione per apprestare una più comprensiva ed estesa tutela contro qualsiasi comportamento che costituisca una ingerenza nella piena autodeterminazione della sfera sessuale, il legislatore ha avvertito l'esigenza di introdurre una circostanza attenuante per i casi di minore gravità (art. 609-bis c.p., comma 3). Mediante una consistente diminuzione (in misura non eccedente i due terzi) della pena prevista per il delitto di violenza sessuale (fissata, nel minimo, in cinque anni di reclusione), risulta così possibile rendere la sanzione proporzionata nei casi in cui la sfera della libertà sessuale subisca una lesione di minima entità. L'attenuante si pone dunque quale temperamento degli effetti della concentrazione in un unico reato di comportamenti, tra loro assai differenziati, che comunque incidono sulla libertà sessuale della persona offesa, e della conseguente diversa intensità della lesione dell'oggettività giuridica del reato (Corte Costituzionale, sentenza n. 325 del 22/06/2005).

4.16. Nel caso di specie, si tratta, come detto, di "succhiotti".

4.17. Il c.d. "succhiotto" si definisce comunemente come "morso d'amore" (per la carica di passionalità e ardore che lo caratterizza) e consiste in un livido causato dalla suzione con le labbra di una parte dell'epidermide o da un bacio molto aggressivo che inizialmente lascia tracce di colore rossastro dovute a(la rottura dei capillari e che si trasforma in colore viola o nero man mano che la lesione guarisce acquisendo la natura di una ecchimosi (in questi esatti termini Sez. 3, n. 44063 del 25/06/2014, n.m.).

4.18.1 dizionari della lingua italiana lo definiscono come "una specie di bacio che si dà succhiando prolungatamente la pelle, e che lascia un segno livido" (Garzanti) ovvero come "il livido lasciato da un bacio dato succhiando la pelle" (Treccani).

4.19.Appare evidente, dunque, la natura sessuale dell'atto che non comporta un mero toccamento delle labbra con una parte del corpo ma esige un'attività prolungata sul corpo stesso che, proprio per la sua durata ed intensità, esprime esattamente quella carica erotica che il concedersi con piacere alla bocca altrui comporta; una carica pienamente colta dall'imputato che ne fa strumento di una riaffermata (e malintesa) signoria sulla donna con un simbolo (il livido lasciato sul collo) che vuoi significare un'intimità sessuale esattamente percepibile e percepita come tale dai consociati senza necessità di ulteriori specificazioni”

Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-09-2016) 10-11-2016, n. 47265

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