
Gli attori impugnano per nullità una clausola del regolamento del supercondominio che impedisce ai singoli proprietari di usare l’ascensore coi propri animali domestici, prevedendo sanzioni in tal caso. Ritengono che l’invalidità derivi direttamente dal nuovo comma 5 dell’art.1138, co.5 c.c., introdotto dalla L.220/12. Citano a sostegno l’ordinanza T. Cagliari, 22.7.16. Il convenuto replica che la previsione del regolamento non impedisce di detenere animali domestici, ma solo di usare un bene comune (ascensore) per il loro trasporto. Va premesso che, pacificamente, si verte in tema di regolamento contrattuale anziché condominiale, non deliberato a maggioranza ma acconsentito da tutti i condomini (gli attori stessi parlano di regolamento contrattuale). Ciò detto, si profilano due ipotesi ricostruttive. La prima è quella per cui l’art.1138, co.5 c.c. non tenda solo ad escludere una particolare limitazione all’uso della proprietà singola, ma vada oltre: sancendo il diritto di detenere un animale domestico, sancirebbe anche un diritto all’uso delle parti comuni conformato sull’insopprimibile diritto alla relazione con l’animale. Qualsiasi limitazione all’uso della parte comune imperniata sulla presenza dell’animale, sarebbe violazione del diritto alla detenzione dell’animale stesso. Si legge nella difesa attorea: “l’affermazione del diritto all’animale domestico include, necessariamente, l’esercizio di tutte le facoltà ad esso inerenti, tra cui, a titolo di esempio, il diritto al suo transito nelle parti comuni degli edifici, il diritto all’utilizzo dell’ascensore”. Tale lettura dell’art.1138, co.5 c.c. tende a trascendere la materia condominiale. Muove dall’idea del diritto alla detenzione dell’animale domestico come diritto della persona, svincolato dal contesto del diritto condominiale; un contesto legato alla dialettica tra parti in proprietà comune e in proprietà singola. Ad avviso del giudicante è preferibile una seconda, alternativa, ricostruzione. L’art.1136, co.5 c.c. resta comunque inserito nel contesto del diritto di proprietà, ed in particolare della dialettica tra parti comuni e parti in proprietà singola. Non intende sancire un diritto della persona come tale, svincolato dal diritto di proprietà. La norma va letta nel senso di cui s’è dato cenno: come norma rivolta a fissare i limiti della potestà regolamentare sulla proprietà singola: il regolamento di condominio non può spingersi fino al punto da vietare un certo uso della proprietà singola, ovvero quello di detenere animali domestici. Altro discorso è quello della disciplina delle parti comuni, che resta fuori dall’art.1136, co.5 c.c. Non è infatti condivisibile un’idea di stretta accessorietà della parte comune rispetto alla proprietà singola, in forza della quale quanto è vietato per la parte singola automaticamente debba esserlo anche per la parte comune. Il codice fornisce esempi di autonomizzazione, per così dire, della disciplina della parte comune: ad esempio l’art.1117 ter c.c., ove la modifica di destinazione d’uso delle parti comuni. Deve dirsi che l’art.1138, co.5 c.c. è muto sulla disciplina delle parti comuni, riguardando solo la disciplina della proprietà singola. Il regime della parte comune, nel caso di specie, è stabilito da un regolamento contrattuale in modo legittimo, essendo ammesso per costante giurisprudenza che il regolamento condominiale preveda limitazioni all’uso di parti comuni da parte di determinati condomini (tra le tante Cass.5336/17). Qui il regolamento contrattuale limita l’uso dell’ascensore, impedendo di utilizzarlo per trasporto di animali domestici. Né è da pensare che tale limite sia talmente ampio, quanto ad operatività, da venire nella sostanza a limitare il diritto sulla proprietà singola ex art.1138, co.5 c.c., sancendo alla fine l’impossibilità di detenere un animale domestico (i cani degli attori). Rimane sempre la possibilità di usufruire di altro servizio comune, ovvero le scale, per muoversi coi due cani (diverso sarebbe il caso in cui s’impedisse l’uso coi cani del vialetto d’accesso o del corsello dei box: il proprietario non potrebbe mai accedere alla propria abitazione con l’animale).
TRIBUNALE ORDINARIO di MONZA Seconda Sezione CIVILE r.g. 3