Il figlio di una coppia particolarmente litigiosa anche in sede di giudizio, veniva ascoltato dal Giudice in ossequio del principio sacrosanto dell’ascolto del minore per tutelarne il suo superiore interesse. Lo stesso si lamentava della situazione insostenibile a cui lo costringevano i genitori e mostrando degli screenshot al giudice dal proprio cellulare chiedeva se «secondo lei una persona che dice di voler bene può scrivere queste cose?»
Il Tribunale di Roma con l’ordinanza del 23 dicembre 2017 nel procedimento RG n. 39913 del 2015 ha stabilito che pubblicare foto di minori, dei propri figli, sui social network, il caso riguardava Facebook, violi l’articolo 10 del codice civile (che regola la tutela dell’immagine), gli articoli 4,7, 8 e 145 della legge sulla privacy (decreto legislativo 196/2003) e gli articoli 1 e 16, comma 1, della Convenzione di New York del 1989 che tutela i diritti dell’infanzia (ratificata in Italia con la legge 176/1991). A tutelare i minori in relazione ai servizi della società dell’informazione c’è ora anche – ricorda il giudice – il nuovo regolamento Ue sulla privacy (679/2016) che entrerà in vigore il 25 maggio prossimo.
Inoltre il Giudice romano ha ordinato «a tutela del minore e al fine di evitare il diffondersi di informazioni anche nel nuovo contesto sociale frequentato dal ragazzo, l’immediata cessazione della diffusione da parte della madre in social network di immagini, notizie e dettagli relativi ai dati personali e alla vicenda giudiziaria inerente il figlio». Un divieto che se non rispettato porterà alla applicazione dell’astreinte (misure di sanzione tipiche del diritto francese) di cui all’art. 614-bis c.p.c.: «in caso di mancata ottemperanza della madre all’obbligo di interrompere la diffusione di immagini, video, informazioni relative al figlio nei social network, ovvero di mancata ottemperanza all’obbligo di rimuove tali dati, la stessa dovrà corrispondere al ricorrente e al tutore l’importo indicato in dispositivo per la violazione posta in essere». L’importo della eventuale sanzione è stato predeterminato in euro 10.000!
Come chiarisce il Tribunale capitolino, tale facoltà discende dai principi generali dell’ordinamento fondati sulla necessità di tutela del minore e sui poteri d’ufficio riconosciuti al giudice in tale materia. L’astreinte può infatti «essere disposta d'ufficio a maggior garanzia dell'interesse del figlio e, in quanto collegato a questo, dell'interesse del genitore a cui spetta pretendere il rispetto di quegli obblighi»
Tribunale di Roma, Giudice Velletti, ordinanza del 23.12.2017 RG 39913/2015