
Con sentenza del 9 aprile 2018 numero 103 il Tribunale di Sulmona ha condannato alcuni gravissimi episodi di cyberbullismo commessi ai danni di una ragazzina da parte di alcuni suoi coetanei. L’azione è stata intrapresa dai genitori della ragazzina che hanno invocato l’articolo 2048 del codice civile che prevede che “Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi”. Il Tribunale ha emesso una sentenza di condanna che ha sanzionato la condotta dei minorenni che avevano, senza alcuna autorizzazione, diffuso attraverso il proprio cellulare materiale pedopornografico, anche attraverso un falso profilo Facebook.
Il Tribunale ha ritenuto correttamente che ci si sia trovati di fronte ad un caso di violazione di interessi della sfera personale così come tutelati all’articolo 2 della Costituzione.
Nei fatti era accaduto che nel 2013 alcuni minorenni avevano pubblicavato su Facebook, senza alcuna autorizzazione una fotografia, di una loro coetanea immortalata senza indumenti. La foto era stata procurata da un amico della minorenne che aveva insistentemente richiesto una fotografia intima promettendo alla stessa il più assoluto riserbo. Ed invece il ragazzo successivamente cedeva la foto ad alcuni amici che la pubblicavano su un falso profilo Facebook.
Nonostante l’archiviazione in sede penale i genitori della ragazza perseguivano la via del processo civile chiedendo la condanna ai sensi per gli effetti dell’articolo 2048 del codice civile a carico dei genitori, per via della culpa in educando e della culpa in vigilando, dei minorenni responsabili delle violazioni inerenti la pubblicazione di materiale pedopornografico in assenza, tra l’altro, di qualsiasi autorizzazione.
Il Tribunale di Sulmona ha chiarito che tenuti a rispondere all’obbligo di risarcire siano nella fattispecie i soli genitori dei cyberbulli, parti in causa e soli soggetti citati in giudizio per fatto proprio ex art. 2048 c.c.
Secondo il giudice di merito, infatti, la disposizione richiamata trasla “in capo al genitore l’onere di provare e di dimostrare il corretto assolvimento dei propri obblighi educativi e di controllo sul figlio, solo in tal modo potendosi esonerare dalla condanna risarcitoria”.
Ebbene, chiarisce la sentenza, nulla nella specie è stato dimostrato: anzi, la pubblicazione della foto su Facebook ma anche le singole cessioni dell’immagine a nudo della vittima, non autorizzate da quest’ultima, “esprimono, di per sé, una carenza educativa degli allora minorenni, dimostratisi in tal modo privi del necessario senso critico, di una congrua capacità di discernimento e di orientamento consapevole delle proprie scelte nel rispetto e nella tutela altrui. Capacità che, invece, avrebbero dovuto già godere in relazione all’età posseduta. Tanto è vero che alcuni coetanei, ricevuta la foto, non l’hanno divulgata”.
Il Tribunale ha condannato a risarcire la ragazzina per danno non patrimoniale, liquidando in via equitativa, la somma di euro 35.000. Ha, altresì, condannato a risarcire i genitori della ragazza per danno non patrimoniale liquidando in via equitativa la somma di euro 10.000. Per quanto concerne la cessione delle foto il tribunale ha ritenuto di liquidare un ulteriore danno pari a € 2000 per ciascuna cessione effettuata illegittimamente dai coetanei della vittima. Infine la condanna ha previsto anche il ristoro delle spese di lite quantificate in euro 12.000.
Tribunale di Sulmona, sez. civile, sentenza 9 aprile 2018