È salita alla ribalta della cronaca, ieri, la notizia che ha dato il via a questi roboanti titoli della stampa “Stupro, la Cassazione: "Se la vittima si è ubriacata volontariamente, la violenza resta ma non c'è aggravante" così come ha titolato il noto quotidiano “La Repubblica”. Si legge nell’articolo “Nel caso di uno stupro, se la vittima è ubriaca per avere assunto volontariamente alcol, alla pena non può essere aggiunta l'aggravante del ricorso a sostanze alcoliche o stupefacenti. Lo ha stabilito la Cassazione, che ha disposto un nuovo processo su un caso di violenza
sessuale di gruppo, nel quale la Corte d'Appello di Torino, nel condannare due cinquantenni, aveva applicato anche l'aggravante di "aver commesso il fatto con l'uso di sostanze alcoliche".
I giudici della Cassazione hanno stabilito, infatti, che se da un lato non si può sostenere che una donna ubriaca possa aver prestare un "consenso valido" ad un atto sessuale, ritenendo quindi i due colpevoli dello stupro di gruppo, hanno anche stabilito che, per applicare l'aumento di pena, l'alcol debba essere imposto contro la volontà della persona offesa. In questo caso i due uomini e una ragazza avevano cenato insieme a casa, lei aveva assunto una quantità eccessiva di vino, tanto da "non riuscire ad autodeterminarsi" e a ricordare pienamente l'accaduto. I due l'avevano portata in camera da letto e avevano abusato di lei. A distanza di ore era andata al pronto soccorso e qui aveva descritto in modo confuso quanto accaduto”.
La sentenza sembra in contrasto con un precedente orientamento della stessa Suprema Corte allorquando ha affermato che “Integra il reato di violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies cod. pen.), con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica, la condotta di coloro che inducano la persona offesa a subire atti sessuali in uno stato di infermità psichica determinato dall’assunzione di bevande alcooliche, essendo l’aggressione all’altrui sfera sessuale connotata da modalità insidiose e subdole, anche se la parte offesa ha volontariamente assunto alcool e droghe, rilevando solo la sua condizione di inferiorità psichica o fisica seguente all’assunzione delle dette sostanze” (cfr. Cassazione penale, sez. III, 11/01/2017, (ud. 11/01/2017, dep.04/10/2017), n. 45589).
E allora che cosa è accaduto? È accaduto che l’ipotesi a cui si riferiscono i fatti di ieri è quella prevista dall’art. art. 609 octies Codice penale ovvero “La violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'articolo 609bis. Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da sei a dodici anni. La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 609ter”. Ora, l’aggravante di cui all’articolo 609 ter del codice penale che qui ci interessa prevede che “La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all'articolo 609 bis sono commessi: … 2) con l'uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa”. È pacifico, ed è agilmente comprensibile, che “l’uso…di sostanze alcoliche” deve essere fatto per via del carnefice. Siamo, pertanto, in un caso diverso da quello previsto dalla “violenza sessuale” (non di gruppo), come prevista e disciplinata dall’art. 609 bis del codice penale, che prevede, come è noto, una aggravante nei casi di abuso “delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto” come quando, s’è visto, la vittima si è ubriacata anche autonomamente. È sicuramente un vulnus del legislatore che non può aver lasciato “scoperta” un’ipotesi così grave, pensata nei casi di violenza commessa da un soggetto e trascurata per i casi di violenza commessi da un gruppo (anche se va evidenziato che il 609 octies prevede comunque pene edittali più alte), ma che non può far dire che la Suprema Corte sia incorsa in errori di nessun tipo a modesto avviso di chi scrive, anche se sono evidenti i contrasti e le apparenti contraddizioni che, si ritiene, promanano da un modo di fare le leggi sempre emergenziale e mai sistematico.
Luca Volpe - avvocato