
“con la diffusione di internet e quindi con l'aumento esponenziale delle occasioni di connessione e condivisione in rete, si è posto il problema della previsione normativa di fattispecie che prevedano un sistema sanzionatorio finalizzato ad arginare il fenomeno della graduale crescita degli illeciti commessi dagli internauti. La casistica di illeciti è variegata e, in ragione della iperbolica amplificazione del sistema, crea forti
problematiche di tipizzazione: domain grabbing, furti di identità, cyberbullismo, diffamazione a mezzo internet, accesso abusivo a reti informatiche, pedopornografia, crypto-Locker e numerosi altri fenomeni ancora caratterizzano l'uso illecito del web.
In particolare, le condotte di diffamazione sono state facilitate dalla possibilità di un numero esponenziale degli utenti della rete internet di esprimere giudizi su tutti gli argomenti trattati, per cui alla schiera di "opinionisti social" spesso si associano i cosiddetti "odiatori sul web", che non esitano - spesso dietro l'anonimato- ad esprimere giudizi con eloquio volgare ed offensivo. Questa Corte è intervenuta quindi frequentemente in materia, precisando, per esempio, che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca "facebook" integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595 c.p., comma 3, sotto il profilo dell'offesa arrecata "con qualsiasi altro mezzo di pubblicità" diverso dalla stampa, poichè la condotta in tal modo realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone e tuttavia non può dirsi posta in essere "col mezzo della stampa", non essendo i social network destinati ad un'attività di informazione professionale diretta al pubblico (Sez. 5, n. 4873 del 14/11/2016, P.M. in proc. Manduca, Rv. 26909001).
“se -come è accaduto nella specie- il gestore del sito apprende che sono stati pubblicati da terzi contenuti obiettivamente denigratori e non si attiva tempestivamente a rimuovere tali contenuti, finisce per farli propri e quindi per porre in essere ulteriori condotte di diffamazione, che si sostanziano nell'aver consentito, proprio utilizzando il suo web-log, l'ulteriore divulgazione delle stesse notizie diffamatorie.
Non va in proposito dimenticato che è sempre il gestore del blog a permettere, avendolo in tal senso configurato il suo diario virtuale, che ai suoi post possano seguire i commenti dei lettori. D'altronde, come si è già detto, nel caso in esame è stato proprio l' A. a dare l'imput, con il suo commento denigratorio alla lettera pubblicata sul suo blog, all'intervento da parte di terzi sul contenuto di tale lettera, utilizzando espressioni pesantemente denigratorie del suo autore. E' del tutto evidente, allora, che l' A. è venuto tempestivamente a conoscenza di quei contenuti offensivi pubblicati sul suo diario e, non rimuovendoli, li ha ulteriormente divulgati, così come peraltro correttamente ascrittogli nella seconda parte della imputazione ascrittagli, addebitandogli l'inserimento nel proprio blog dei commenti dei terzi”
Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 08-11-2018) 20-03-2019, n. 12546