Informazione giuridica

La sentenza di primo grado aveva statuito: “all'esito di due consulenze tecniche psicologiche, dichiarato la separazione giudiziale dei coniugi, respinta la domanda di addebito della separazione al marito, e disposto l'affidamento del minore in via esclusiva al padre, previo immediato

allontanamento dalla casa, ove viveva con la madre, e collocazione dello stesso, per un semestre, presso una Comunità, dedicata alla cura ed al sostegno dei minori, in Treviso (con carico su entrambi i genitori delle relative spese, ripartito al 50%), stabilendo, per il periodo successivo al collocamento del minore presso il padre, che la madre dovesse contribuire al suo mantenimento, mediante la corresponsione al T. di un assegno mensile di Euro 320,00, rivalutabile mensilmente secondo gli indici Istat, revocando le pregresse statuizioni di assegnazione della casa coniugale alla madre e determinazione di un assegno di mantenimento a favore della madre inizialmente collocataria del minore”.

In appello è stato rimarcato come “tenuto conto delle risultanze peritali, la madre doveva definirsi "un soggetto anelastico, scarsamente propensa a mettersi in discussione,... caratterizzato da un atteggiamento preconcetto,...restia a porsi in una prospettiva critica, di analisi e di ricerca, non interessata ad individuare le ragioni del comportamento anomalo di I. con il padre...", evidenziando altresì come la stessa avesse manifestato una carente collaborazione al positivo e sollecito esito del processo, in particolare, rifiutando di collaborare nell'espletamento della C.T.U.. In sostanza, ad avviso della Corte d'appello, risultava corretto il giudizio espresso dal consulente tecnico nominato (con la collaborazione, nel secondo elaborato, di due ausiliari tecnici), in ordine al fatto che il comportamento materno aveva inciso nella diagnosi di alienazione parentale del figlio nei confronti del padre, avendo la R., come rilevato dal Tribunale, attuato "un progetto di esclusione del genitore alienato, mediante la sostituzione del padre biologico di I. con il nonno materno"; in relazione al minore, la Corte d'appello ha evidenziato quanto emerso dall'elaborato peritale, in ordine all'atteggiamento del minore di rifiuto del padre, definito dallo stesso "bugiardo, violento e viscido" (così esprimendo però "il vissuto degli adulti che hanno accesso alle sue emozioni"), alla sua situazione personale di sofferenza, conseguente alle vicende legate al conflitto genitoriale, ed allo "stile generale di evitamento", con un conseguente serio "rischio di una compromissione importante dello sviluppo emotivo". In tale contesto probatorio, la Corte d'appello ha ritenuto ricorrere una violazione del principio della bigenitorialità, venendo privato il minore, al di fuori di cause giustificatrici, dell'apporto affettivo e culturale che l'altro genitore può recare al figlio, cosicchè il provvedimento, temporaneo, di affidamento del minore in via esclusiva al padre risultava necessario al fine di porre le condizioni per la concreta attuazione del principio di bigenitorialità, come pure la temporanea interposizione di un soggetto terzo, quale la struttura residenziale dedicata alla cura ed al sostegno dei minori. Quanto poi alla censura relativa alla mancata audizione del minore, la Corte territoriale rilevava che lo stesso era stato sentito nel corso delle consulenze espletate, su delega del magistrato, ed una "ripetuta audizione del minore sugli stessi fatti risulta sconsigliabile"”.

La Cassazione evidenzia come “A prescindere dalle obiezioni sollevate dalle parti, qualora la consulenza tecnica presenti devianze dalla scienza medica ufficiale come avviene nell'ipotesi in cui sia formulata la diagnosi di sussistenza della PAS, non essendovi certezze nell'ambito scientifico al riguardo il Giudice del merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche (Cass. n. 11440/1997) oppure avvalendosi di idonei esperti, è comunque tenuto a verificarne il fondamento (Cass. 1652/2012; Cass. 17324/2005).

Questa Corte ha osservato che, in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, nonchè della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione (v. Cass. n. 18817/2015, conf. Cass. 22744/2017).

Nella pronuncia n. 6919/2016, questa Corte ha affermato poi il seguente principio di diritto, con riguardo ad un'ipotesi di alienazione parentale: "in tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sè, indicati come significativi di una PAS (sindrome di alienazione parentale), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena" Al giudice di merito, a tal fine, può utilizzare i comuni mezzi di prova tipici e specifici della materia (incluso l'ascolto del minore) e anche le presunzioni (desumendo eventualmente elementi anche dalla presenza, laddove esistente, di un legame simbiotico e patologico tra il figlio e uno dei genitori).

Nella specie, i giudici di merito hanno motivato sulle ragioni del rifiuto del padre da parte del figlio ed hanno dato rilevo ad alcuni comportamenti della madre, ritenuti come unicamente volti all'allontanamento fisico e morale del figlio minore dall'altro genitore.

In ordine all'affidamento esclusivo (e non condiviso) del figlio al padre, la Corte d'appello ha motivato sull'inidoneità della madre, essenzialmente a causa dei predetti comportamenti, richiamando comunque il giudizio espresso dai consulenti tecnici (anche sull'idoneità dell'altro genitore, affidatario esclusivo), ed ha inoltre disposto l'allontanamento della figura materna per un semestre e, per il periodo successivo, ha incaricato i servizi Sociali di "programmare e garantire il rientro del minore presso la casa del padre e la gestione dei turni di responsabilità dei due genitori".

Deve osservarsi che il provvedimento di primo grado, confermato in appello con la sentenza qui impugnata, come rilevato dalla ricorrente, non è stato attuato completamente, essendosi provveduto dal Tribunale di Treviso, nell'agosto-settembre 2017, a nominare uno psicologo con il compito di predisporre un piano di incontri del figlio con il padre e di "prelievi" del primo dalla casa materna (dove ancora vive) ad opera del padre e di vigilare su tali incontri.

Tuttavia, emerge altresì dagli atti che la sign.ra R., la quale ha sicuramente delle difficoltà psicologiche e caratteriali, è profondamente legata al figlio. Emerge altresì un rapporto conflittuale tra la stessa R. ed i consulenti tecnici nominati in primo grado, i quali sono stati con lei rigidi e severi, non offrendole il necessario sostegno (calibrato sulla situazione psicologica della medesima).

La sentenza di appello non sviluppa adeguate e convincenti argomentazioni sull'inidoneità della madre all'affidamento, in una situazione di forte criticità dei rapporti tra la R. ed i Servizi sociali; in un tale contesto, la rinnovata richiesta di una consulenza tecnica è stata dalla corte territoriale respinta, stante la sufficienza della relazione svolta dai consulenti tecnici nominati e l'atteggiamento non collaborativo tenuto dalla R..

La decisione impugnata non spiega dunque per quale ragione l'affidamento in via esclusiva al padre, previo collocamento temporaneo dello stesso in una comunità o casa - famiglia, costituirebbe l'unico strumento utile ad evitare al minore un più grave pregiudizio ed ad assicurare al medesimo assistenza e stabilità affettiva, sempre nell'ottica di assicurare l'esercizio del diritto del minore ad una effettiva bigenitorialità”

Cass. civ. Sez. I, Sent., (ud. 01-04-2019) 16-05-2019, n. 13274

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