Informazione giuridica

Giuseppe Pantò, nel 1999, su La Repubblica scrive “il mondo Internet sta vivendo oggi alcune importanti evoluzioni: la diffusione degli accessi free alla rete ha fatto crescere da settembre le utenze in modo esponenziale; i portali e le comunità virtuali stanno creando un altro modo di vivere la rete: non più navigazione libera, ma punti di riferimento, piazze virtuali dove potersi incontrare, fare acquisti on-line e trovare risorse utili”. Nel 2008 la Corte di Cassazione arriva a definire i social network come “agorà virtuale. Una ‘piazza immateriale’ che consente un numero indeterminato di accessi e di visioni, resa possibile da una evoluzione scientifica, che certo il legislatore non era arrivato ad immaginare. Ma che la lettera della legge non impedisce di escludere dalla nozione di luogo e che, a fronte della rivoluzione portata alle forme di aggregazione e alle tradizionali nozioni di comunità sociale, la sua ratio impone anzi di considerare”. Con riferimento ai social audio, forse i social del futuro, appare il caso ricordare che per ciò che concerne le offese via chat whatsapp è stato chiarito come l’eventualità che tra i fruitori del messaggio vi sia anche la persona nei cui confronti vengono formulate le espressioni offensive non configura l'illecito di ingiuria ma il delitto di diffamazione, posto che, sebbene il mezzo di trasmissione/comunicazione adoperato ('e-mail' o 'internet) consenta, in astratto, (anche) al soggetto vilipeso di percepire direttamente l'offesa, il fatto che messaggio sia diretto ad una cerchia di fruitori fa si che l'addebito lesivo si collochi in una dimensione ben più ampia di quella interpersonale tra offensore ed offeso. Inoltre, appare utile ricordare che la stampa dei messaggi Whatsapp è prova documentale e quindi può essere usata in un procedimento civile, per esempio. Per ciò che concerne i social audio sembra significativo ricordare che la Corte di Cassazione ha sentenziato come non commette reato chi assiste ad una conversazione telefonica svoltasi fra altre persone se autorizzato da una delle stesse. Tale circostanza appare assai simile ad un social audio dove, di per sé, tutti autorizzano tutti ad ascoltarsi in “viva voce”. Tornando alle telefonate “classiche” si è ritenuto siano utilizzabili, in un processo, le testimonianze rese da coloro che ascoltino il colloquio in modalità “viva voce” anche se i soggetti che si trovano dall’altro lato della cornetta non siano al corrente di ciò. Anche in questo caso vi è moltissima vicinanza con i social audio che molto sembrano somigliare ad una “audio conference” in questo caso. Tra l’altro, la prova della conversazione telefonica avuta con altri può essere sempre ottenuta tramite la registrazione della telefonata stessa, registrazione che – come si è detto prima – è pienamente lecita in quanto, secondo la giurisprudenza, chi parla accetta il rischio di essere registrato. Luca Volpe

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