Torna la Corte di Cassazione a specificare il confine tra ingiuria e diffamazione sui social media, anche alla luce del nuovo fenomeno dei “social audio”. Si ricorda che il reato di ingiuria è stato depenalizzato, rimane tuttavia un illecito perseguibile in sede civile. Mentre la diffamazione è tutelata in sede penale come la diffamazione a mezzo stampa con pene che vanno da “sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro”.
Specifica la Suprema Corte che:
- l'offesa diretta a una persona presente costituisce sempre ingiuria, anche se sono presenti altre persone;
- l'offesa diretta a una persona "distante" costituisce ingiuria solo quando la comunicazione offensiva avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario;
- se la comunicazione "a distanza" è indirizzata ad altre persone oltre all'offeso, si configura il reato di diffamazione;
- l'offesa riguardante un assente comunicata ad almeno due persone (presenti o distanti), integra sempre la diffamazione.
La decisione in discorso ha, poi, approfondito il concetto di "presenza" rispetto ai moderni sistemi di comunicazione, ritenendo che, accanto alla presenza fisica, in unità di tempo e di luogo, di offeso, autore del fatto e spettatori, vi siano, poi, situazioni ad essa sostanzialmente equiparabili, realizzate con l'ausilio dei moderni sistemi tecnologici (call conference, audioconferenza o videoconferenza). Argomenta, ancora, la sentenza Viviano, che "I numerosi applicativi attualmente in uso per la comunicazione tra persone fisicamente distanti non modificano, nella sostanza, la linea di discrimine tra le due figure come sopra tracciata, dovendo porsi solo una particolare attenzione alle caratteristiche specifiche del programma e alle funzioni utilizzate nel caso concreto. Molti programmi mettono a disposizione degli utenti una variegata gamma di servizi: messaggistica istantanea (scritta o vocale), videochiamata, chiamate cd. "VoIP" (conversazione telefonica effettuate sfruttando la connessione internet). Sono state sviluppate diverse piattaforme per convocare riunioni a distanza tra un numero, anche rilevante, di persone presenti virtualmente. Le medesime piattaforme permettono di scrivere, durante la riunione, messaggi diretti a tutti i partecipanti, ovvero a uno o ad alcuni di essi. Per tale ragione il mero riferimento a una definizione generica (chat, call) o alla denominazione commerciale del programma è, di per sè, privo di significato e foriero di equivoci, laddove non accompagnato dalla indicazione delle caratteristiche precise dello strumento di comunicazione impiegato nel caso specifico". Prosegue, quindi, la Corte osservando che, per distinguere tra i reati di cui agli artt. 594 e 595 c.p., resta fermo il criterio discretivo della "presenza", anche se "virtuale", dell'offeso. Occorrerà, dunque, valutare caso per caso: se l'offesa viene profferita nel corso di una riunione "a distanza" (o "da remoto"), tra più persone contestualmente collegate, alla quale partecipa anche l'offeso, ricorrerà l'ipotesi della ingiuria commessa alla presenza di più persone (fatto depenalizzato) (come deciso da Sez. 5, n. 10905 del 25/02/2020, Sala, Rv. 278742).
Di contro, laddove vengano in rilievo comunicazioni (scritte o vocali), indirizzate all'offeso e ad altre persone non contestualmente "presenti" (in accezione estesa alla presenza "virtuale" o "da remoto"), ricorreranno i presupposti della diffamazione, come la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato quanto, per esempio, all'invio di e-mail (oltre alla sentenza Viviano, cfr. Sez. 5, n. 29221 del 06/04/2011, De Felice, Rv. 250459; Sez. 5, n. 44980 del 16/10/2012, Nastro, Rv. 254044; Sez. 5 n. 12603 del 02/02/2017, Segagni, non massimata sul punto; Sez. 5, n. 34484 del 06/07/2018, Badalotti, non massimata; Sez. 5., n. 311 del 20/09/2017, dep. 2018, Orlandi, non massimata; Sez. 5, n. 14852 del 06/03/2017, Burcheri, non massimata).
Luca Volpe