Come si legge nella sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I, Ord., (data ud. 26/04/2021) 15/06/2022, n. 19305, è capitato che “la Corte di appello di Lecce, sezione per i minorenni, ha rigettato il reclamo proposto da P.M.A. avverso il decreto del Tribunale per i minorenni di Lecce del 4-17 febbraio 2021, che, all'esito del procedimento ex art. 330 c.c., promosso da M.A., aveva dichiarato la “mamma” decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio minore, nato, in costanza di convivenza, a (OMISSIS), disponendo le dimissioni del bambino dalla comunità in cui era collocato unitamente al padre e l'affidamento del minore al padre sotto il controllo e con il sostegno del servizio sociale di (OMISSIS), al quale demandava l'elaborazione di un progetto di intervento tendente ad assicurare percorsi psicologici differenziati al padre, alla madre e al minore, nonchè l'attivazione di un'educativa domiciliare presso l'abitazione del padre e l'attivazione di un luogo neutro dove fare avvenire, osservare e sostenere gli incontri madre- figlio, per la durata di due ore con la presenza anche dei nonni materni; con l'ulteriore compito per il servizio sociale di (OMISSIS) di rimodulare, non prima del compimento dei dieci anni del bambino, le modalità di incontro in maniera meno stringente, sia pure sempre protetta”.
Nelle relazioni in merito alla capacità genitoriale si legge che "i tratti di funzionamento psicologico riconosciuto in capo alla sig.ra P. in relazione al rapporto con l'ex compagno e in conseguenza dello stress sperimentato, sono tali, nella forma e nella espressività clinico- comportamentale, da indebolire la funzione genitoriale nel rapporto diretto con il figlio S., del quale, per un verso, manca il riconoscimento come soggetto a sè, con propri pensieri, vissuti ed emozioni - assenza che connota e qualifica tutte le azioni ed i comportamenti messi in atto dalla sig.ra P. dall'altro, lo priva dell'accesso alla funzione triadica, relativa alla figura paterna, non riconoscendo, in alcun modo, agli occhi del figlio, come "famigliare" e rassicurante l'accesso al rapporto col padre. La signora P. non è in grado di esprimere un'alleanza cooperativa, lasciando spazio all'altro genitore. Ella si è sentita traumaticamente ferita dal sig. M. e, oggi, non è in grado di vedere il bambino dentro una relazione con il padre "reale", trasponendo sul piano genitoriale il senso di pericolo, il livore, la diffidenza ed il vissuto persecutorio che ha fatto seguito alla frattura affettivo-sentimentale".
La Suprema Corte, dopo aver preso le distanze, ancora una volta dalla PAS, ha effettuato delle valutazioni sui fatti “a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia” e ha rimarcato come “ell'interesse superiore del minore, va assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori, nel dovere dei primi di cooperare nell'assistenza, educazione ed istruzione (Cass., 8 aprile 2019, n. 9764; Cass., 23 settembre 2015, n. 18817; Cass., 22 maggio 2014, n. 11412); principio che trova riscontro anche nella giurisprudenza della Corte Edu, che, chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita familiare di cui all'art. 8 CEDU, pur riconoscendo all'autorità giudiziaria ampia libertà in materia di diritto di affidamento di un figlio di età minore, ha precisato che è comunque necessario un rigoroso controllo sulle "restrizioni supplementari", ovvero quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età ed uno dei genitori (Corte EDU, 9 febbraio 2017, Solarino c. Italia).
Anche di recente, questa Corte ha ribadito i principi sopra richiamati, evidenziando che il diritto alla bigenitorialità è, anzitutto, un diritto del minore, prima ancora che dei genitori, nel senso che esso deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalità concrete che siano dirette a realizzare in primis il migliore interesse del minore e che il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare relazioni e rapporti continuativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel migliore interesse di quest'ultimo e assume carattere recessivo, qualora ciò non possa essere garantito nella fattispecie concreta (Cass., 24 marzo 2022, n. 9691, in motivazione). Questa Corte, nella sentenza da ultimo richiamata, ha, altresì, precisato che, ai fini della tutela della bigenitorialità, ciò che il giudice deve verificare è se la condotta di un genitore sia impeditiva del diritto dell'altro genitore alla bigenitorialità (e ciò a prescindere dal fatto che tale condotta ostruzionistica presenti o meno le caratteristiche della ipotetica, cosiddetta, sindrome d'alienazione parentale, cui viene negata la valenza di categoria comportamentale riconosciuta sia a livello scientifico che giurisprudenziale) e quale sia il corretto percorso clinico-terapeutico intrapreso sul minore, al fine di realizzare il bilanciamento tra il suo superiore interesse e il diritto del padre alla bigenitorialità, tenendo presente, in tale contesto, anche la possibilità che il minore non recida il rapporto con la madre, ove ciò sia reso necessario da una visione completa del migliore interesse del minore; principi che, nel caso in esame, la Corte ha correttamente applicato, confermando le statuizioni del tribunale sull'attivazione di un luogo neutro dove fare avvenire, osservare e sostenere gli incontri madre-figlio”.
Corte di Cassazione, Sez. I, Ord., (data ud. 26/04/2021) 15/06/2022, n. 19305
avv. Luca Volpe